Le differenze tra naturopatia e medicina tradizionale

Molti italiani ricorrono spesso a prestazioni complementari e a pratiche empiriche non mediche come la naturopatia, che nei paesi mediterranei non ha tradizione.

Le “medicine non convenzionali” includono le medicine complementari e le medicine alternative tra cui, ad esempio, la medicina omeopatica, la medicina tradizionale cinese (MTC), la medicina ayurvedica.

In Italia si sono formati scuole e gruppi naturopati che inglobano tecniche curative “alternative” e “complementari”.

I medici naturopati (in possesso di laurea in Medicina e iscrizione all’Ordine) curano prevalentemente lievi disagi cronici e disordini psicosomatici.

I loro approcci terapeutici sono in prevalenza: fitoterapia, iridologia, idroterapia, omeopatia, agopuntura, oligoterapia, medicina tradizionale cinese, floriterapia, aromaterapia, medicina popolare, alimentazione naturale, fisiognomica, kinesiologia, riflessologia plantare, cromoterapia.

La medicina ufficiale è per lo più critica riguardo alla medicina naturopatica perché i mezzi utilizzati dalla medicina “alternativa”:

  1. non sono sempre fondati scientificamente;
  2. si basano su costrutti teorici non chiaramente dimostrati;
  3. i suoi presunti risultati clinici non reggono solitamente alla verifica clinica in studi epidemiologici controllati.

Inoltre molti dei suoi esponenti usano in maniera fuorviante e suggestiva termini scientifici che hanno in realtà significati molto diversi.

Cosa sostiene la naturopatia?

La naturopatia sostiene che è auspicabile prevenire la malattia mantenendo o ripristinando il presunto “equilibrio energetico” della persona poiché la malattia è, nell’ottica naturopatica, conseguenza di uno “squilibrio energetico”. La correzione di tale anomalia determinerebbe la scomparsa dei sintomi [e non comunque della patologia che ne è la causa].

Il concetto di “energia” è usato in senso pseudoscientifico, cioè scientificamente non comprensibile e associabile più alla pranoterapia.

La valutazione del singolo caso clinico, secondo i sostenitori della naturopatia, non si basa sull’esame dei sintomi e delle evidenze cliniche (ematologiche, radiografiche, specialistiche ecc.) ma sull’esame del cosiddetto “terreno” della persona, concetto però privo di corrispondenze scientificamente dimostrabili.

L’assoluta esclusione della medicina tradizionale e delle conoscenze mediche dalle discipline di competenza del naturopata, comporta che il naturopata, esercitando una attività non regolamentata per legge, rischia di incorrere in reati penali in caso di erogazione di servizi sovrapponibili a quelli di altre figure professionali, soprattutto professionisti del settore sanitario (psicologi, fisioterapisti, medici omeopati, erboristi, biologi, antropologi, ecc).

Nonostante le evidenti differenze tra le figure del naturopata e del medico tradizionale, accade frequentemente che il primo venga percepito dalla propria clientela come un vero e proprio medico, con medesime qualifiche e responsabilità.

Ebbene, in tali ipotesi vi è un elevato rischio che tale percezione insorga a causa dell’utilizzo da parte del naturopata di elementi identificativi propri delle professioni sanitarie, tanto materiali quanto immateriali, quali ad esempio l’uso del camice, l’utilizzo del foglio delle prescrizioni o addirittura la presenza, nel proprio ambiente di lavoro, di un’insegna o di timbri, che identificano il naturopata come “dottore”.

Tutti elementi, questi idonei ad integrare il reato di esercizio abusivo della professione sanitaria.

Per maggiori informazioni sulla naturopatia è possibile consultare questa pagina dell’UNIPSI Norma UNI 11491 professione naturopata. Facciamo chiarezza. (uni-psi.it)

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